• bannerone

Archivio Autore

expogate

Countdown verso la NoExpo Mayday!

expogate

A venti giorni dall’inizio dell’Esposizione Universale più screditata della storia, prende il via anche il conto alla rovescia per le mobilitazioni #alterexpo, un fitto ed incalzante calendario di eventi, azioni, mobilitazioni messo in campo dalla rete No Expo all’insegna della critica radicale ad Expo, che avranno inizio nel corteo studentesco internazionale del 30 aprile, nella No Expo Mayday del 1 maggio, nelle azioni del 2 maggio e nel campeggio No Expo dall’1 al 3 maggio 2015; per poi continuare durante i sei mesi del megaevento come verrà presentato nell’assemblea del prossimo 3 maggio.

Sabato 11 aprile alle 12 presso l’Expogate di Piazza Castello si è tenuta una azione-conferenza stampa per presentare i contenuti della critica ad Expo, approfonditi a lungo in questi anni dalla rete No Expo e nel pomeriggio di sabato si è tenuta l’assemblea nazionale di lancio della No Expo Mayday parade, che il 1 maggio attraverserà le strade di Milano raccogliendo tutti quei precari, studenti, migranti che quotidianamente vivono le contraddizioni di cui Expo è vetrina e laboratorio.

Expo non sarà portatore di lavoro, crescita e rilancio, come la retorica expo-ottimista vorrebbe far credere: non ci sono gli oltre 70mila posti di lavoro promessi, non c’è una ripresa economica trainata da Expo, persino il turismo sembra quasi indifferente all’arrivo del grande evento.

Lo dicevamo anni fa, lo diciamo oggi con ancora più forza: Expo è debito, cemento, precarietà, spartizione, poteri speciali, mafie, corruzione economica ed ideologica. E’ una grande occasione per le multinazionali che affamano questo pianeta di rifarsi il trucco (la “verde” Mc Donald’s e le corporation degli OGM ne sono i casi più evidenti). Con Expo il cibo, che si mangia, diventa food, che si vende: ai poveri il cibo spazzatura di Mc Donald’s, ai ricchi le “eccellenze dell’imbucato senza gara pubblica” Farinetti.

Diciamo debito, perché Expo è pagato con i nostri soldi in tempi di crisi. Milano vedrà le sue casse svuotate nei prossimi anni dai costi esorbitanti e straordinari che Expo richiederà, il post-Expo è già un ipoteca nella mani del Governo. Tutto ciò si tradurrà in sacrifici sui servizi ed aumenti di tasse per i cittadini.

Diciamo cemento, perché seppur in questi mesi abbiamo visto fallire tanti dei progetti che Expo avrebbe dovuto portare in Lombardia, sono tantissime le opere inutili realizzate con soldi pubblici in questi anni, di cui la deserta Brebemi è il simbolo ormai universalmente riconosciuto.

Diciamo precarietà, perché Expo sarà un laboratorio di nuove forme di sfruttamento e lavoro precario, culminato con l’impiego di centinaia di volontari illusi di partecipare ad un grande evento e che altro non sono che lavoratori gratuiti. Logica contro la quale in questi mesi la rete NoExpo si è opposta con la campagna “Non lavoro gratis per Expo”.

In una città sempre più militarizzata e spaventata dall’arrivo dell’Esposizione, in cui in questi giorni si cerca di alimentare a mezzo stampa immaginari apocalittici intorno al 1 maggio, i militanti della rete No Expo hanno presentato pubblicamente temi e contenuti, rimandando al mittente i tentativi di criminalizzazione preventiva: noi partiamo e torniamo insieme, non esistono “buoni e cattivi”, esiste un percorso chiaro, deciso e aperto, ed esiste da 8 anni. (http://www.noexpo.org/2015/04/02/a-volte-ritornano-comunicato-stampa/)

La rete No Expo in queste settimane sta attraversando l’Italia anche con un No Expo Tour, che porterà gli attivisti della rete ad incontrare tante realtà dei territori in vista del 30 aprile e del 1 maggio 2015.

I documenti, i contenuti, gli appuntamenti #alterexpo sono consultabili pubblicamente qui sul sito, su facebook e su twitter.
Fuori da Expo si vive meglio.

Link utili:

Il manifesto verso il 1 maggio e altri materiali
Expo2015 = debito. Una riflessione

Le compagne e i compagni della Rete Attitudine NoExpo

Leggi Tutto
territoricittà

Manifesto per una rete delle resistenze territoriali

Diritto alla città, riappropriazione dei territori: per una rete delle resistenze territoriali

Un evento di portata internazionale, una grande opportunità per tutti, uno spazio di discussione sull’alimentazione e la sostenibilità ambientale

Expo non è nessuna di queste cose.

Dietro un fragile paravento poggiato su cibo e alimentazione ed una retorica ecodemocratica, si cela la vera natura di Expo 2015: vettore di speculazione, strumento d’imposizione del modello neoliberale, quindi al tempo stesso laboratorio di un nuovo modello di governo del territorio.

Se Expo è esposizione di qualcosa di certo non lo è di cereali, farine, cacao, tuberi o pratiche alimentare “buone pulite giuste”, ma della riorganizzazione del sistema economico: nessuna energia per la vita o per nutrire il pianeta, ma la risposta del capitalismo alla crisi, brutale e violenta, che attraverso Expo, diviene sistema.

L’Esposizione universale diviene così il collettore degli esercizi di dominio e saccheggio dei territori contro cui ci siamo scontrati negli anni, selezionati nei termini della loro efficacia predatoria, astratti dalla loro specificità contingente per promuoverli allo status di norma sistemica.

Come l’emergenza rifiuti in Campania ha anticipato i decreti attuativi dello Sblocca Italia, la gestione delle emergenze e dei grandi eventi ha prodotto un esercito di commissari che marciano a suon di deroghe, così gli apprendistati e stage sono avanzati alla barbarie del lavoro gratuito, e via dicendo: tutti fili che si annodano nel modello Expo, nella costruzione della più avanzata macchina di sfruttamento dei territori e delle nostre vite.

Expo, dietro lo slogan “nutrire il pianeta, energia per la vita”, mette sullo stesso piano multinazionali e piccoli produttori, ogm e biologico, grande distribuzione organizzata e distribuzione alternativa come possibili elementi di risoluzione della fame nel mondo. E’ la finzione democratica in cui il consumatore/visitatore dovrà scegliere l’opzione migliore, all’interno di quello che vuole essere il centro commerciale del futuro. In un piano, quindi, falsamente orizzontale, dove chi ha più soldi ottiene più visibilità, e nella corruzione culturale in cui multinazionale e piccolo produttore sono attori paritetici nella produzione/distribuzione di cibo e alimenti, si nasconde l’inganno della proposta Expo 2015.

Superare la frammentazione: appunti per una piattaforma comune delle lotte
Il paradigma Expo non è però riducibile ad una semplice somma di speculazioni e devastazioni: è l’affermazione di un sistema totalizzante, in grado di riscrivere la società in funzione di meccanismi predatori.

Meccanismi che hanno ambiti di applicazione differenti, come differenti sono le risorse predate, le realtà coinvolte, l’entità dei danni causati; una eterogeneità da cui deriva la frammentazione delle lotte e delle vertenze che vi si oppongono.

Tuttavia il contrasto dei meccanismi predatori del modello Expo richiede, per realizzarsi con successo, il superamento della separazione dei conflitti, congiungendo le lotte attraverso una piattaforma comune fondata sulla condivisione di pratiche, attitudini e analisi.

I tentativi fatti in passato in tal senso si sono scontrati con la difficoltà derivante dalla loro eterogeneità. Ma pensiamo che la situazione sia ora più matura proprio grazie agli incontri (in piazza, sui sentieri, nei dibattiti) avvenuti in questi anni che rendono possibile unire lotte diverse, a volte distanti tra loro: operando un cambio di prospettiva, superando la specificità delle singole macchine predatorie, analizzandole a fondo per far emergere uno schema comune.

La matrice della predazione
L’analisi dei diversi dispositivi di predazione ha manifestato che il loro tratto unificante è proprio il saccheggio: una macchina predatoria si dà proprio nell’atto dell’estrazione irreversibile e a senso unico delle risorse (lavorative, energetiche, ambientali, collettive).

Predazione che, per sua stessa definizione, genera un credito collettivo.
Pensiamola algebricamente, come una operazione commerciale messa a bilancio: una risorsa comune viene tolta alla collettività in favore di pochi singoli, generando così un gigantesco segno “meno” collettivo in favore di un segno “più” appannaggio di pochi.

Compiere l’operazione inversa, recuperando ciò che è stato sottratto, richiede che il credito generato dalla predazione venga riconosciuto collettivamente come tale.
Rendersi conto degli innumerevoli segni “meno” è un passaggio fondamentale anche per frantumare la retorica del debito e dell’austerity, in favore di lotte di riappropriazione che sappiano arricchirsi oltre la difesa dell’esistente o la prospettiva conservatrice di ritorno ad ipotetiche passate età dell’abbondanza (rappresentato dalla visione quasi mitologica di quello che fu il Welfare state).

Il riconoscimento collettivo del credito viene ampiamente facilitato dalla quantificazione, in termini monetari e finanziari, di quest’ultimo. Quantificare quanto costa una grande opera inutile, i tagli ad un servizio pubblico, le devastazioni ambientali nei termini del valore dei terreni persi, le future spese mediche derivanti dalle nocività e via dicendo, permette un riconoscimento naturale di quanto sia stato sottratto alla collettività ed una condivisione immediata nell’esigenza di riappropriarsene.

Permette quindi di mettere in campo il passaggio successivo: la mobilitazione per la riscossione dal basso di questo credito.

Già nella sua messa in atto questa mobilitazione deve caratterizzarsi come funzionale alla costituzione di un meccanismo di redistribuzione che sia in grado, una volta effettuata la riappropriazione, di riportare alla collettività le risorse sottratte.

Un meccanismo virtuoso che, attraverso lotte di riappropriazione, veda la nascita di meccanismi redistributivi in opposizione ai meccanismi predatori: a predazione della collettività si risponde con riappropriazione collettiva. In questo senso, proprio per uscire dalle logiche conservatrici o appiattite sull’esistente, è necessario affermare che dopo la riappriopriazione e la redistribuzione, deve venire la ricostruzione: sul crollo (più o meno veloce, più o meno a rilento) di questa società iperliberista che uccide la società e saccheggia le risorse collettive, è necessario ripartire da basi completamente diverse per un modello di sviluppo e società orientato in senso nettamente egualitario.

Verso la riappropriazione: dal Primo maggio oltre il modello Expo
Sfruttare l’unificazione delle speculazioni indotte da Expo, per applicare una matrice di riappropriazione che sappia essere chiave di lettura e coordinamento delle opposizioni, esigere il credito che ci è stato sottratto, mettere alla prova le forme di lotta tradizionali e, al tempo stesso, sperimentare nuove forme di opposizione.

In altre parole, partire da Expo con una mobilitazione in grado di stare al passo delle trasformazioni del capitale, che sappia raccogliere la sfida di produrre un’opposizione determinata e reale, che agisca sui territori consapevole di attaccare la materialità dei meccanismi predazione costruendo meccanismi di redistribuzione di segno opposto.

Sono questi gli obbiettivi che ci proponiamo.

Ci appelliamo a tutte le realtà, comitati, collettivi, singoli, che condividono con noi questa visione di una mobilitazione futura, per compiere insieme il primo passo nelle giornate di maggio: una opposizione contro i meccanismi e i simboli concreti del modello Expo, rappresentato nell’area espositiva milanese, che durante le giornate della sua inaugurazione vedano riunirsi, lottare e prendere le strade chi già ora si oppone e si prepara alle lotte future.
Attraverso la costruzione di uno spezzone delle resistenze territoriali all’interno della NoExpo MayDay del Primo maggio 2015.

No Expo in ogni città!
Contro il paradigma Expo, oltre il suo modello, contro la predazione, per la redistribuzione!

Leggi Tutto

  • Nonostante Expo, la realtà | documento di fine Esposizione
  • Lavorare a Expo2015: stipendi da fame, contratti pirata e licenziamenti politici
  • Documento politico per il Noexpo Pride del 20 giugno 2015
  • Lavoro anch’io. No, tu no. Ma come..la Coop non ero io?
  • Quello che non si vede su tanti media.