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Volantino 1 maggio Liberati Da Expo

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EXPOFAMALE- LIBERATI DA EXPO

Expo, il grande evento che promuove la mentalità specista e che vede negli animali e nel mondo naturale delle mere risorse da sfruttare per gli interessi di poche imprese multinazionali apre le sue porte o meglio i suoi cancelli  scoprendo le sue ‘eccellenze’:

Coca-Cola, McDonald’s, Nestlé, Eni, Enel, Pioneer-Dupont, Selex-Es: Multinazionali responsabili dell’inquinamento di terre e mari, di deforestazioni, di nocività e morti sul lavoro, di allevamenti come campi di concentramento, di armi da guerra e di nuove tecnologie di controllo utilizzate sia in ambito militare che civile ,  colossi dell’agroindustria che detengono il monopolio sulla mercificazione delle sementi e la gestione di quelle geneticamente modificate.

CIR Food, Coop Italia, Slow Food e Eataly: Partner alimentari scelti per  modellare il vestito nuovo del neo-capitalismo, la green-economy, usando concetti come “benessere animale”  per darsi credibilità, ma sappiamo bene che è un concetto inventato per rendere più accettabile la catena di smontaggio da individui a cibo, in modo da confortare i consumatori. Non è importante quanto gli animali da reddito vivano bene, ma è importante che ognuno di loro possa autodeterminare la propria esistenza e il proprio habitat e li si sganci dal considerarli come merce produttiva all’interno di un modello alimentare antropocentrico.

L’alimentazione è il tema principale di Expo, ma il modo in cui è affrontata distorce volontariamente alcuni concetti chiave in materia agroalimentare.

Il supporto alle politiche di sfruttamento intensivo dei terreni e il sostegno ad un’agricoltura di tipo industriale, che segue le regole del mercato schiacciando l’attività agricola rurale, sono tutti elementi che raccontano un modello che nulla ha a che fare con il “ritorno alla terra”, la diffusione del biologico all’intera popolazione, il rapporto diretto con i piccoli contadini, la vendita diretta, il chilometro zero,    in definitiva l’accesso per tutti al cibo.

Rifiutiamo pertanto il modello  dello slogan “Nutrire il pianeta” perché basato su schiavitù, sofferenza e morte e denunciamo la retorica del “benessere animale”.

Ci opponiamo alla declinazione consumistica e normata dei corpi imposta da EXPO, che perpetua le disparità tra generi e inficia l’integrazione sociale di tutte le identità presenti nella nostra società. Relega le donne nel ruolo culturalmente imposto di angelo del focolare e, strumentalizzando il bisogno di riconoscimento di lesbiche, gay, trans e queer, li rinchiude in un mercato apposito, in locali appositi, in vie apposite, nascondendo in questo modo la realtà fatta di oppressione, violenza, marginalizzazione ed esclusione dal mercato del lavoro.

RIBELLI CONTRO SFRUTTAMENTO E NOCIVITA’

Rete Liberati Da Expo, contro ogni forma di dominio e di controllo sulle esistenze.
Non sono tollerate persone e gruppi con matrice e/o comportamenti fascisti, razzisti, omotransnegativi  e intolleranti ne chi condivide percorsi e pratiche con questi soggetti.

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Milano: report dell’assemblea cittadina

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Sabato 21 marzo la rete NoExpoPride si è presentata alla città presso la Casa delle Donne.Abbiamo chiarito cosa significa oggi Expo 2015 partendo dall’immaginario costruito dagli stessi parterns che, attraverso i propri brand , stanno attuando un vero processo di green e pink washing.

Il Comitato NoExpo nasce in contrapposizione all’Esposizione Universale per denunciarne il debito che lascerà, la cementificazione assurda e la precarizzazione diffusa.All’interno di questo contesto si sviluppa NoExpoPride: più concentro sulle tematiche legate al genere e alle questioni lgbit*q.

Uno sguardo particolare è rivolto a WE Women for Expo, che parla di nutrimento e sostenibilità e rivolge un invito semplice e simbolico a tutte le donne: condividere laricetta per la vita, cioè il racconto di un piatto di particolare valore emotivo, utilizzando il – medievale – motivo della donna madre, dedita al nutrimento degli uomini della terra, una donna che è capace di condividere il cibo in tavola.

La politica sulle donne che Expo sta portando avanti è in linea con l’immagine di donna regina del focolare domestico, madre prima di tutto, e depositaria quindi di conoscenze legate al nutrimento e alla capacità di “prendersi cura”, immagine che ci riporta ad epoche oscurantiste e di matrice patriarcale.

La presentazione della rete NoExpoPride alla città di Milano è avvenuta in simultanea con la città di Bergamo. Alla fine del corteo organizzato dal Comitato Rompiamo il Silenzio infatti, parte delle realtà che compongono la Rete hanno presentato il proprio percorso. Insieme alla geodetica raffigurante gli infopoint che saranno istituiti a Bergamo per promuovere Expo, è stata fatta partire una protesta frocia contro l’esposizione Universale milanese. La manifestazione è avvenuta sotto il comune di Bergamo e sullo sfondo sono state installate le icone dello sciopero sociale insieme alle sagome rappresentative delle persone accettate da Expo nei propri padiglioni e di quelle che invece non rientrano nel suo stereotipo borghese della concezione manageriale.

La nostra presentazione alla città cade proprio lo stesso giorno dell’inaugurazione della Gay Street patrocinata dal Comune di Milano: una via di 200 metri dove il turista gay dovrebbe trovare il proprio divertimento. Nel migliore degli stereotipi un’intera strada è stata ripulita dal degrado e messa a disposizione dei gay (ovviamente maschi e benestanti) tanto attenti alla moda e allo shopping. Niente meno che un’area protetta, in cui questi diversi individui possano muoversi felici e alla quale il mondo possa guardare sorridendo con sollievo.

È chiaramente in atto uno svilimento dei diritti delle donne e delle soggettività lgbit*q e in questo panorama gli unici segnali di apparente apertura sono dettati dall’interesse economico che sta dietro alla valorizzazione del turismo omosessuale, e da quello politico di (omo)normalizzazione ed esclusione di identità scomode.

Si tratta di un’operazione di pinkwashing: nessuna reale volontà di incidere sulla cultura delle libertà, né di far ottenere dei diritti alle persone lgbit*q che attraversano Milano, cittadini o turisti o migranti che siano.

Come rete NoExpoPride non accettiamo questi meccanismi e ci siamo quindi recati in via Sammartini per ribadire che un’unica strada non può essere sufficiente, che è l’intera città a dover essere accogliente e vivibile per gli individui indifferentemente dal genere con il quale si identificano, dall’orientamento sessuale, dal possesso o meno di documenti, e dalla condizione sociale.

In questa direzione a Bergamo è stata lanciata una campagna di affissione che vede protagonisti gli esercenti delle vie del centro, ai quali è stato chiesto di esporre un adesivo con la scritta “Lascia fuori l’omofobia” perché vogliamo città che rifiutino ogni forma di discriminazione sessuale.

VOGLIAMO UNA CITTÀ FROCIA E NON UNA VETRINA GAY PER EXPO, poiché l’unica città sicura è quella in cui donne, uomini, soggetti lgbit*q e migranti si sentano liber* di attraversarla e di a viverla a qualsiasi ora del giorno e della notte, perché l’unica città di cui abbiamo bisogno è una città la cui riqualifica non sia orientata ad Expo.

Stiamo lavorando si questi temi e tanto lavoro ancora ci aspetta, rilanciamo dunque alla prossima riunione milanese NoExpoPride il 7 aprile (a breve indicazioni su luogo e orario).

Saremo presenti con un banchetto all’interno del Campeggio NoExpo che si terrà nei giorni dal 28 aprile al 2 maggio. Attraverseremo il Corteo del 1 maggio in maniera completamente trasversale e il 20 giugno sfileremo nelle vie di Milano con un Corteo nazionale NoExpoPride.

 

Rete NoExpoPride

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