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#MayDay2013 – Una sola grande opera per Milano: uscire da Expo ora!

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Roma2000  Giubileo: provvedimenti speciali (la legge Roma Capitale), deroghe e governance ad hoc in capo alla Protezione Civile, sotto l’egida di Ciccio Rutelli e la benedizione del Vaticano, la scusa trovata nei ritardi della macchina organizzativa; miliardi di lire di allora gettati per opere inutili e , soprattutto, la campagna romana , e non solo, regalata ai palazzinari romani (Caltagirone in primis) cementificata con improbabili quartieri, poli commerciali, infrastrutture, un film ben noto da queste parti .

Governo Berlusconi 2001: viene varata la legge obiettivo (che va a braccetto con il famigerato project financing) per agevolare procedure, derogare a norme, velocizzare e semplificare appalti; il tutto per dare il via al piano delle grandi opere di interesse nazionale, TAV in primis, e pianificare la gestione dei grandi eventi .

Torino 2006: è vicenda nota, ma i guai finanziari del comune di Torino nascono dal flop economico e dai debiti accumulati per le Olimpiadi invernali, gestite con meccanismi e poteri speciali, che hanno causato solo scempi ambientali, opere già in disuso o smantellate e commissariato la città a vantaggio di Intesa San Paolo (della cui Fondazione è presidente l’ex sindaco Chiamparino) per prendersi ciò che FIAT aveva avanzato.

17588024Milano, 10 aprile 2013, una foto più che le parole segnano il link tra le vicende torinesi. Il capotreno del TAV, Piero Fassino, benedice il patto FIAT-Milano per Expo 2015, in trio con Pisapia e Maroni. Visti i precedenti e le acute previsioni di Fassino su altre vicende, c’è da preoccuparsi. Ma non è questo l’aspetto più grave dell’incontro che la foto testimonia. Nella stessa occasione la strana coppia (un segno del futuro inciucio nazionalpopolare?) Pisapia-Maroni ha evocato Torino Olimpica e Roma 2000, come modelli di governance cui fare riferimento e rivendicato leggi, poteri e commissari ad hoc per evitare che Expo 2015 fallisca ancor prima di iniziare. La scusa: sempre la stessa, amata ad ogni italica latitudine, del ritardo sui tempi. A fargli eco due giorni dopo i “saggi” di Napolitano, che, mettendo Expo tra le questioni nazionali, hanno dimostrato, oltre che la loro inutilita, anche la poca saggezza tendente alla follia. A giorni dovrebbe arrivare il decreto legge. E’ l’ennesima presa in giro in un Paese che non trova i soldi per welfare e reddito, ma che è sempre pronto a finanziare il ciclo del cemento e del mattone con la scusa di grandi opere e grandi eventi.

Sappiamo cosa vuol dire questo, lo denunciamo da sei anni, lo abbiamo scritto più volte: procedure emergenziali e poteri speciali sono dispositivi antidemocratici di controllo e governo dei territori, che portano con sé debito, cemento, lavoro precario e insicuro, infiltrazioni mafiose e corruttele varie. Le vicende legate al G8 2009 tra La Maddalena e L’Aquila, piuttosto che per i mondiali di nuoto a Roma o per la stessa Torino olimpica, sono esempi recenti. Shock economy viene definita e così definivamo la Milano di Expo 2015 nella Mayday2011. Drenaggio e spreco di denaro pubblico, assenza di controlli, deregulation totale sarebbero le risposte milanesi alla crisi?

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MayDay: non è una semplice chiamata – 10 apr h.21.30 @PianoTerra

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Questa non è una semplice chiamata, ma il rilancio di un percorso chiamato MayDay.

A 13 anni dalla prima edizione, il 1° maggio del precariato metropolitano riafferma – tra continuità e rottura – la volontà di riversare nuova rabbia e nuove proposte nelle strade della città vetrina di EXPO 2015, in un tempo reso piccolo dalla crisi neoliberale.

Una Mayday che vuole parlare di reddito diretto e indiretto, dei legami tra luoghi di vita e lavoro, di nocività e sviluppo, per fronteggiare un’Esposizione Universale che incombe sul territorio metrolombardo imponendo immaginari, devastando territori e distribuendo risorse ad accoliti di casta e di classe dietro finte promesse per tutte e tutti. Una MayDay che si dà ampiezza di temi e che allarga la sua agenda di lotta a tutti i giorni che portano al 1° maggio 2015, data in cui dovrebbero aprirsi i cancelli di EXPO 2015.

Opporsi a questo “grande evento” vuol dire opporsi alla crisi e al ricatto del debito, al drenaggio delle risorse pubbliche verso ben noti centri di potere, allo scaricare i costi della crisi e delle speculazioni su territori e biografie.

Vuol dire opporsi alle nocività e all’economia del cemento coi suoi scempi ambientali realizzati in spregio alla volontà popolare, connettendosi alle resistenze territoriali esistenti nell’area metrolombarda (NoEXPO, NoTEM, NoPedemontata, ecc…) proprio a partire dalla condivisione di come EXPO 2015 sia un grande acceleratore di opere dannose.

Vuol dire opporsi allo sfruttamento del lavoro e alla negazione di dignità e diritti ai lavoratori dei poli e delle piattaforme logistiche, altra faccia di questo uso criminale dei territori e della precarietà. Vuol dire opporsi alla precarizzazione delle nostre esistenze lungo tutti i suoi assi – reddito, casa, mobilità, sapere, affetti – condizione tout court del lavoro e della vita, fenomeno definitivamente segnato dalla ristrutturazione e dalla messa a rendita dei territori della metropoli.

Vuol dire rivendicare un reddito di base incondizionato come misura concreta di intervento contro la precarietà e nella precarietà, per rompere la gabbia del ricatto e del bisogno.

Le realtà, i soggetti, i collettivi che parteciperanno alla costruzione della MayDay 2013 ti aspettano
mercoledì 10 aprile alle 21.30
a Piano Terra
via Confalonieri 3, Milano.

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