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Al banchetto di Expo, siamo partigiani, restiamo umani

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Ci aveva sperato Pisapia in un “en plein” elettorale con Amborosoli in Regione e Bersani al Governo, pronti a tirare acqua al mulino di Expo2015. Sperava nella deroga al Patto di Stabilità, che incombe come un macigno sui conti del Comune di Milano, per fare fronte ai costi di Expo senza dover ingraziarsi il consenso a colpi di tagli e privatizzazioni. Evidentemente, però, il grande evento, più che un’opportunità, sembra un untore che appesta tutto ciò che tocca: a livello di quadro politico tutto che rema contro, la crisi anziché finire è ogni giorno aggravata dalle politiche di austerity, non c’è appalto che non sia oggetto di indagini, il titolare della Mantovani (ditta aggiudicatrice dei lavori per la “piastra”) arrestato per tangenti in Veneto, senza che al nostro Sindaco sia venuto il sospetto che se un sistema è marcio non esistono isole felici né white list.

Resta solo l’immaginario e fantomatici convegni, ultimo in ordine di tempo il Convivio sul rapporto cibo-religione, che danno solo il senso del fallimento e del vuoto di un progetto che voleva cambiare Milano e il mondo, oltre che significare la distanza tra il quotidiano di chi vive la metropoli e i discorsi fatti nei salotti nei palazzi dove si apparecchia la tavola per il banchetto di Expo. E non pensiamo certo ad una tavola imbandita di cibarie.

Dentro questo vuoto c’è spazio per tutto, soprattutto per gli interessi di quei partner economici di Expo2015, vedi Selex-Finmeccanica, poco interessati a sfamare il mondo, ma attentissimi ai loro profitti in ogni situazione. Come non leggere questi interessi dietro la rilevanza data oggi all’adesione di Israele e al collocamento del suo padiglione a Expo, proprio a fianco di quello italiano, quasi a sancire una sorta di partenariato preferenziale di natura economica e politica, e visto il business di Selex, anche militare. (vedi fonte)

Lodi e magnificat per l’agricoltura di Israele come modello virtuoso e di eccellenza, ma a leggere bene manca un pezzo di storia, quello più importante.

Al padiglione di Israele non si parlerà delle terre da 60 anni sottratte alla popolazione Palestinese, non si parlerà dell’accesso all’acqua negato, delle alture del Golan (riserva idrica per la regione) occupate militarmente , dei pozzi avvelenati, delle condizioni di privazione da cibo a cui sono soggetti, ad ogni inasprimento delle misure militari, gli abitanti di Gaza e Cisgiordania, non si parlerà dei coloni e dell’espansione territoriale, degli ulivi millenari divelti. Tutto questo è in secondo piano rispetto al successo di Expo e agli affari sporchi di Finmeccanica in campo militare.

Un motivo in più per continuare a ribadire No Expo

NOI RESTIAMO UMANI, NOI SIAMO PARTIGIANI

FREE PALESTINE

 

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Expo 2015 non avrà luogo

Quello che segue è un nostro contributo di analisi sulla situazione di Expo 2015, dopo le ultime elezioni e nel pieno dell’austerity, pubblicato dal sito Contropiano nei giorni scorsi

http://www.contropiano.org/it/archivio-news/documenti/item/14961-milano-lexpo-2015-non-avr%C3%A0-luogo

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Lo stato dell’arte

“La guerra del Golfo non avrà luogo”, intitolava Baudrillard uno scritto molto suggestivo del periodo fantascientifico della sua saggistica. Si riferiva al rapporto realtà/finzione e di come quest’ultima fosse in grado di manipolare il dato reale sino al punto di rovesciare la sua relazione col reale in un rapporto che così diviene finzione/realtà. L’immagine della guerra non è la guerra, appunto. L’immagine di Expo2015 non è Expo2015.

Questo avremmo potuto affermare, se non fosse esplosa la crisi del reale: crisi del debito, stallo del ciclo finanza/mattone, la crisi del modello di governance che ad oggi impedisce al grande evento del 2015 di essere quello che avrebbe voluto essere, un dispositivo composto da un mix di marketing territoriale, speculazione immobiliare e sperpero di danaro pubblico. In un’epoca in cui la governance è costretta dalla sua crisi a ragionare sul proprio futuro giorno per giorno, senza idee chiare Expo2015 è diventato più un fardello che un immagine di copertina, o quanto meno un miraggio rispetto a cui si afferma tutto ed il contrario di tutto, con esiti quanto meno contradditori.

Oggi, marzo 2013, rimangono in pista alcuni dei leit motiv che hanno caratterizzato la vulgata proexpo, in linea col sistema di potere che ne ha garantito sino ad ora la resistenza. Parliamo ancora di città vetrina, la vetrina non è però più sufficiente a nascondere le macerie nel retrobottega, straripate ormai in ogni dove.

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