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Dax vive con rabbia ed entusiasmo nelle lotte territoriali

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Sono passati 10 anni dalla notte nera di Milano: l’omicidio di Davide (DAX) per mano fascista e la repressione di amici e compagni accorsi all’ospedale S Paolo.

Fascismo e repressione: un connubio rodato il secolo scorso per difendere, specie nei momenti di crisi, gli interessi di chi controlla le leve economiche e specula sui territori.

In questi 10 anni a Palazzo Marino è cambiato giusto il colore della giunta, ma le ingiustizie contro cui Dax lottava sono davanti ai nostri occhi ogni giorno. Cemento, debito e sfruttamento (dentro e fuori il posto di lavoro) sono coniugati oggi, a Milano, sotto l’egida di Expo 2015.

Se antifascismo è anticapitalismo, lottare per una vita degna oggi vuol dire opporsi a Expo, TAV, TEM, Pedemontana; significa resistere contro i dispositivi della città vetrina, privatizzata, festivalizzata. Dietro ai tagli al sociale (scuolo, servizi, pensioni,…) giustificati con l’austerity, si cela una macchina capace di drenare 10 mld di euro in tre anni per realizzare l’esposizione universale più sgangherata di sempre, Expo 2015, e le relative infrastrutture. I vostri risparmi postali e i vostri progetti sul futuro non ne usciranno indenni.

Dax vive oggi nelle lotte che si oppongono alla devastazione e al consumo di suolo, ai meccanismi della rendita finanziaria e immobiliare, all’elemosina bi-partisan dell’housing sociale. Dax vive oggi, con rabbia ed entusiasmo, nelle nostre Resistenze.

I VOSTRI PROFITTI SONO LA NOSTRA PRECARIETA’, NON PAGHEREMO L’EXPO CHE DEVASTA I TERRITORI

NO EXPO

Appuntamento a tutt@ Sabato 16 marzo h. 14 Piazza XXIV Maggio – Milano

Corteo Nazionale “Antifascismo è Anticapitalismo”    

info sulla tre giorni per Dax

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Al banchetto di Expo, siamo partigiani, restiamo umani

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Ci aveva sperato Pisapia in un “en plein” elettorale con Amborosoli in Regione e Bersani al Governo, pronti a tirare acqua al mulino di Expo2015. Sperava nella deroga al Patto di Stabilità, che incombe come un macigno sui conti del Comune di Milano, per fare fronte ai costi di Expo senza dover ingraziarsi il consenso a colpi di tagli e privatizzazioni. Evidentemente, però, il grande evento, più che un’opportunità, sembra un untore che appesta tutto ciò che tocca: a livello di quadro politico tutto che rema contro, la crisi anziché finire è ogni giorno aggravata dalle politiche di austerity, non c’è appalto che non sia oggetto di indagini, il titolare della Mantovani (ditta aggiudicatrice dei lavori per la “piastra”) arrestato per tangenti in Veneto, senza che al nostro Sindaco sia venuto il sospetto che se un sistema è marcio non esistono isole felici né white list.

Resta solo l’immaginario e fantomatici convegni, ultimo in ordine di tempo il Convivio sul rapporto cibo-religione, che danno solo il senso del fallimento e del vuoto di un progetto che voleva cambiare Milano e il mondo, oltre che significare la distanza tra il quotidiano di chi vive la metropoli e i discorsi fatti nei salotti nei palazzi dove si apparecchia la tavola per il banchetto di Expo. E non pensiamo certo ad una tavola imbandita di cibarie.

Dentro questo vuoto c’è spazio per tutto, soprattutto per gli interessi di quei partner economici di Expo2015, vedi Selex-Finmeccanica, poco interessati a sfamare il mondo, ma attentissimi ai loro profitti in ogni situazione. Come non leggere questi interessi dietro la rilevanza data oggi all’adesione di Israele e al collocamento del suo padiglione a Expo, proprio a fianco di quello italiano, quasi a sancire una sorta di partenariato preferenziale di natura economica e politica, e visto il business di Selex, anche militare. (vedi fonte)

Lodi e magnificat per l’agricoltura di Israele come modello virtuoso e di eccellenza, ma a leggere bene manca un pezzo di storia, quello più importante.

Al padiglione di Israele non si parlerà delle terre da 60 anni sottratte alla popolazione Palestinese, non si parlerà dell’accesso all’acqua negato, delle alture del Golan (riserva idrica per la regione) occupate militarmente , dei pozzi avvelenati, delle condizioni di privazione da cibo a cui sono soggetti, ad ogni inasprimento delle misure militari, gli abitanti di Gaza e Cisgiordania, non si parlerà dei coloni e dell’espansione territoriale, degli ulivi millenari divelti. Tutto questo è in secondo piano rispetto al successo di Expo e agli affari sporchi di Finmeccanica in campo militare.

Un motivo in più per continuare a ribadire No Expo

NOI RESTIAMO UMANI, NOI SIAMO PARTIGIANI

FREE PALESTINE

 

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