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Il decreto del fare

Sulla strada che ci porterà a Monza il 7 luglio (e con tappa intermedia mercoledì 19 h 21 @Pianoterra), non bastassero i buchi del bilancio del Comune di Milano (imperterrito a voler trovare 370mln di € per Expo2015), con il cuore e gli occhi a Istanbul, ecco arrivare il “Decreto del fare”, ennesimo regalo ai signori delle crisi, palazzinari, banche, costruttori, ma anche mafie varie, tutte pronte a banchettare alla tavola di Expopolis…e Pisapia continua a parlare di Expo green, parco tematico, mah forse non glielo hanno detto, come per il ritrovo dei nazi.

expopolis

Un tempo sarebbe stato compito dei commentatori fornire epiteti alle azioni legislative di qualsivoglia governo. Oggi il marketing politico (sempre più sostitutivo della politica stessa) impone lo slogan in maniera diretta, senza far sponda coi giornali conniventi o di proprietà diretta dei governanti. Il “decreto del fare”, una misura che ci ricorderemo per tutto il mese di giugno e che a luglio diventerà uno degli esempi attraverso cui il “governo del fare” ha tentato il rilancio del paese. Ma, questo film l’abbiamo già visto, l’euro, la Germania, la situazione internazionale, la grande finanza e più in generale l’esercito del male sempre molto attivo contro questo paese ci impediranno di “uscire dalla crisi”. Non ci dilungheremo in questa sede sul cosa significa “uscire dalla crisi”, un mantra il cui scopo è più quello di prefigurare una situazione in cui viene raggiunta una certa stabilità nei rapporti sociali ed economici piuttosto che una nuova fase di arricchimento sociale diffuso. Ci interessa invece esprimere due considerazioni su questo decreto. Brevemente, fornendo riflessioni da inizio estate mentre Expopolis si prepara a regalare la Villa Reale di Monza ai figuranti di Expo2015. 

In primo luogo, c’è da considerare il peso di questo decreto in termini di fondi stanziati, processi generati e segnali ai consumatori. E’ un decreto il cui peso è leggero ed i cui riflessi sull’economia di questo paese saranno quasi impercettibili. L’unica misura rilevate e sensibile è lo sblocco dei fondi da destinare ai cantieri: è Expo2015 in persona a stimolare questa misura, poiché vengono citate direttamente 

  • Metro4 : c’è in ballo la costruzione di 2 fermate, da Linate a Forlanini, per un’opera che viene segnalata come strategica per i collegamenti pubblici urbani in vista di Expo2015, il cui sito è a Rho/Pero (dall’altra parte della città). La beneficiaria di questo stanziamento, per un’opera il cui costo è già lievitato di 150 milioni di euro, è Impregilo (& friends), società in evidenti difficoltà economiche che ora può tirare un sospiro di sollievo 
  • TEEM: Per la tangenziale est esterna milanese si parla nuovamente di Impregilo + una cordata di amici che coinvolge banche, coop varie ed altre grandi aziende (http://www.omnimilano.it/news_visualizza.php?Id=7604) fresca di presidente, un certo Stefano Maullu sopravvissuto all’era Formigoni e ben noto agli inquirenti (http://milano.repubblica.it/cronaca/2010/03/10/news/il_lobbista_della_ndrangheta_e_i_politici_le_mie_cene_pagate_agli_assessori_pdl_-2613516/). La precedente Giunta regionale della Lombardia è caduta anche per via di indagini nel settore infrastrutture che hanno screditato politicamente i suoi rappresentanti. Si riparte da dove si era rimasti. Sembrerebbe. 
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Città vetrina per Expo 2015 o case per tutti, verde e spazi sociali? Bandi o banditi a Milano? Noi abbiamo già scelto!

Video dell’Azione

Condividiamo e pubblichiamo il comunicato del collettivo Offtopic (di cui sono parte attivisti NoExpo) in merito all’occupazione di stamattina del “Rasoio” di Via Confalonieri, azione svolta da OffTopic insieme ad attivisti NoExpo e militanti di altri spazi sociali milanesi

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L’azione di questa mattina, con l’occupazione del Rasoio invita ad una riflessione su Milano, Expo e l’attualità di un’attitudine bandita al tempo dei bandi

All’opposizione ai bandi come strumento di normalizzazione delle esperienze autorganizzate ricolleghiamo una netta opposizione a una più vasta governance dei territori. Abbiamo chiamato col nome dell’Esposizione universale del 2015 il progetto di costruzione della città vetrina che avanza giorno dopo giorno. Expo 2015 è un brand, il grande acceleratore, nel tessuto metropolitano, dei meccanismi del debito e della crisi, dell’economia del cemento e delle nocività, dello sfruttamento e della precarizzazione delle nostre esistenze. E’ il grande evento creato ad arte per drenare risorse pubbliche verso speculatori e affaristi, scaricando sulla collettività i costi della crisi e delle speculazioni. Un progetto da cui la giunta arancione non si è mai sostanzialmente smarcata, sempre riconfermando il proprio sostegno alla grande operazione bipartisan Expo 2015. Un progetto che nasconde anche la normalizzazione dello spazio urbano, riconsegnato in ogni suo angolo al profitto, monetizzato, privatizzato, cementificato, svenduto al miglior offerente. Tutto il contrario della città che vogliamo, della città che le ricche esperienze dell’autorganizzazione metropolitana costruiscono ogni giorno secondo le logiche virtuose dell’autogestione e della riappropriazione.

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Gli interessi speculativi, oggi più che mai legittimati da EXPO 2015, stanno trasformando irrimediabilmente i nostri territori e i nostri quartieri; dove servirebbero alloggi a canone sociale le istituzioni rispondono puntando ancora sul mercato privato e sul cemento,favorendo la costruzione di nuova edilizia residenziale nonostante ci siano migliaia di alloggi vuoti. Crisi economica, precarizzazione del lavoro e in particolare lo strapotere della rendita fondiaria urbana erodono sempre più il nostro diritto all’abitare; fenomeni che portano a un aumento esponenziale degli sfratti per morosità, non solo per chi il lavoro lo ha perso ma anche per chi “conserva” un reddito ormai inadeguato al costo della vita e dell’affitto. La realtà è che da decenni le istituzioni hanno smesso di fare politiche abitative pubbliche; istituzioni che non sono in grado di affrontare il problema complessivo e di uscire dalla logica dell’emergenzialità del singolo caso. Per questo è tempo di mobilitarsi e agire di conseguenza, rivendicando la necessità di un tetto. In mancanza di capacità e volontà politica serve riappropriazione dal basso, solidarietà e reti sociali che affrontino le nuove forme di povertà imposte dall’austerity. La carenza cronica di abitazioni a canone sociale si può risolvere con la valorizzazione del patrimonio pubblico sfitto esistente; uno strumento può essere la pratica dell’autorecupero, che verte sullo scambio costruttivo di saperi e non di soldi, o con provvedimenti ancor più drastici come la requisizione del patrimonio privato lasciato sfitto o invenduto da anni. Sfitti e sfratti ci fan salire il crimine!

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  • Lavorare a Expo2015: stipendi da fame, contratti pirata e licenziamenti politici
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